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Digitalizzazione, Conflavoro PMI: “Necessarie agevolazioni e detassazione per supportare transizione imprese”

Il presidente nazionale Conflavoro PMI, Roberto Capobianco: “Gravi carenze devono essere risolte coi piani di investimento previsti dal Pnrr, che stanzia 82 miliardi per fronteggiare quella che rischia di diventare una nuova questione meridionale”.

Per la il processo di digitalizzazione, le imprese, come rileva Conflavoro PMI, necessitano di sostegno da parte delle istituzioni, oltre a incentivi fiscali, bonus, prestiti e tassi agevolati. Misure che permetterebbero investimenti in formazione, riqualificazione e ricerca di personale qualificato. La digitalizzazione è infatti un passo fondamentale per aumentare il posizionamento competitivo delle singole aziende e colmare il divario con le altre nazioni europee.

“Appare dunque evidente – commenta ancora Capobianco – che specie in alcune regioni meno digitalizzate occorrano investimenti non solo economici, ma anche in termini di formazione e riqualificazione continua del personale. Gravi carenze che devono essere risolte coi piani di investimento previsti dal Pnrr, che stanzia 82 miliardi per fronteggiare quella che rischia di diventare una nuova questione meridionale”.

La digitalizzazione in Italia
Il dato rilevato dal sondaggio di Conflavoro PMI è confermato a livello europeo. L’ultima edizione del Digital Economy and Society Index della Commissione Europea (DESI), condotta su dati del 2020, colloca l’Italia tra gli ultimi Paesi in Europa in termini di digitalizzazione. Il nostro Paese è infatti al 20esimo posto su 27, una posizione in meno rispetto all’anno precedente.

La situazione si declina poi in modo diverso variando su base regionale: le nove regioni che registrano un punteggio superiore alla media nazionale sono tutte nel nord Italia (57,5% per la provincia autonoma di Trento, seguita da Lombardia e Bolzano), mentre le regioni del centro-sud riportano punteggi sotto la media.

Secondo l’indagine Conflavoro sulla digitalizzazione, una PMI su due potrebbe non affrontare alcuna transizione digitale; mentre il 19% delle PMI non ha sufficienti risorse economiche per digitalizzare l’impresa e il 54,9% non dispone di un sito internet aggiornato.

“Sono necessari più incentivi per consentire alle imprese di poter riprogrammare le loro strategie di sviluppo digitale. Servono sgravi fiscali, contributi a fondo perduto, prestiti e tassi agevolati. Questa necessità si affianca a quella – conclude Roberto Capobianco – di investire nella formazione per le competenze digitale potenziando specifici programmi formativi; e nell’assunzione, di personale qualificato che possa favorire l’ingresso in azienda di protagonisti del settore digitale”.

I risultati del sondaggio sulla digitalizzazione
Il 45,10% degli imprenditori ha dichiarato di avere un sito web aziendale anche se il 31,70% di loro ha ammesso di non aggiornarlo periodicamente. Il 23,20% delle imprese invece non ha un sito web dedicato.
Per il 54,9% delle piccole e medie aziende italiane inoltre non appare indispensabile disporre di un sito aggiornato. Questo perché il 29,30% degli intervistati non lo ritiene affatto utile, mentre più della metà degli intervistati dichiara di non disporre di personale formato per seguire un sito, o comunque di non avere un numero sufficiente di dipendenti da poter indirizzare su tale lavoro. Solo il 19,07% del campione dichiara di non avere sufficienti risorse economiche.
Lievemente migliore appare la situazione relativa all’uso dei social media: il 69,2% degli intervistati ha dichiarato di essere presente almeno su un social (per il 98% si tratta di Facebook, LinkedIn, Instagram), mentre solo l’1,9% utilizza piattaforme come YouTube e Vimeo, e nessuno dispone di un blog. I social servono, nella visione degli imprenditori interpellati, per promuovere l’immagine dell’impresa (88,59%), raccogliere impressioni (8,56%) e ricercare personale (2,85%).
Lo scarso utilizzo dei social rivela una mancanza strutturale: se infatti il 52,84% degli intervistati ritiene che i social media non siano utili, la restante percentuale non si avvale del mezzo per mancanza di risorse economiche e di personale adeguatamente formato e dedicato allo scopo. Un gap del quale gli imprenditori hanno contezza, tant’è che il 47,83% di loro giudica solo sufficiente il proprio livello di digitalizzazione, a fronte di percentuali esigue per gli estremi “ottimo” (2,75%) e “inesistente” (1,14%).

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